Per i poveri era il pane dei privilegiati che, seppure di condizione modesta, avevano comunque il privilegio di un lavoro e, per raggiungerlo, dovevano prendere un treno che viaggiava a velocità ridotta, circa 15 chilometri all’ora, per non spaventare gli animali mentre attraversava le campagne. Per i ricchi, invece, era il panettone dei poveri, ovvero di quelli che non si potevano permettere il prelibato “Pan del Toni” delle pasticcerie e allora lo portavano in chiesa a far benedire e lo mangiavano con devozione il giorno di Natale. Stiamo parlando del “Pantramvai” un pane rustico e semplice, arricchito da una generosa manciata di uvette, un tempo diffuso soprattutto fra i pendolari che arrivavano a Milano dalla Brianza e dal Legnanese e piano piano adottato anche dai “prestiné” della città. Il nome di “Pantranvai” altro non è che l’italianizzazione di Tramway, la società del mitico treno a vapore detto “Gamba de legn” che collegava Milano con Legnano e Gallarate, impiegando quasi 5 ore per percorrere il tragitto. Il Passante di oggi che compie lo stesso percorso in poco meno di mezz’ora era ancora di là da venire e la noia e i disagi di quel lungo viaggio erano piacevolmente interrotti da uno spuntino col “Pantranvai” che, oltre a calmare i morsi della fame, forniva all’organismo tutta l’energia degli zuccheri contenuti nelle uvette. Identico discorso per i pendolari che arrivavano da Monza.